Ci son volte in cui le parole escono fuori e si allineano, una dopo l’altra, in frasi che suonano bene. Così bene che non rimane alternativa al crederci. Anche se sai che probabilmente sono frottole, anche se sono solo racconti, figurati se sembran vere.
Quando la pelle e le viscere vogliono credere a una cosa non c’è verso: è vera.
Quindi mi preparo a mettere tutte le viscere che ho, proprio tutte, in un concetto o una frase. A trovare modi di credere a quello a cui ho così tanto cercato di non credere più.
Ogni tanto ci sono dei momenti così perfetti che vivere di assoluti diventa quasi necessario. Per dare a quei momenti la dignità che meritano.
Perché “compà io lo penso che ogni tanto perdiamo perché siamo i primi a non crederci”.
E non c’è un momento in cui sotteso a tutto il resto, le nuvole o il sole, i libri liberi o i pattini sul ghiaccio, il risotto senza sale o le fotografie brutte, gli stipendi e il riscaldamento, non c’è un momento in cui in qualche forma, con qualche colore o un profumo che non ricordo, non ci sia un po’ di quell’amore lì, che non sta fermo e mischia tutto.
[don’t you dare
let our best memories bring you sorrow]