Mi hanno detto che non devi nuotare quando hai i pensieri.
E dire che se sono arrabbiata funziona benissimo. Una bracciata dopo l’altra, mi si staccano di dosso le frustrazioni, si scioglie la tensione, dimentico l’ardore di litigi e malcontenti.
Ma se sei triste il marchingegno non gira più. L’acqua non alleggerisce, ti manca il respiro. Hai solo voglia di andare a fondo, o di far finta di farlo, per un attimo. Di appartenere per un minuto solo a quel mondo ovattato in cui non si sente nulla, se non quel senso di protezione primordiale.
Aria, bolle, aria.
[e quanto mi aveva fatto piangere, quel film]
Se avessi qualche anno di più, mi farei abbracciare da F.
Che è così pacato, e sereno, e solidale. Che medita, e sa mettere in fila le parole in modo così rassicurante da rendermi malinconica, e quasi nostalgica di familiarità mai provate.
Se avessi qualche anno di meno, riuscirei a guardare con leggerezza un altro F., che ha gli entusiasmi e la ruvidezza di un’altra epoca. Purtroppo. Ed ha una luce negli occhi che non si spiega con le parole.
E invece sto, nel mezzo, inavvicinabile. Non mi faccio abbracciare.
Non mi faccio consolare, anche se vorrei.
Mi viene da piangere ma devo lavorare.
Bisogna farsi forza (senti come suona bene?)
(cit.)
(…e grazie, di aver capito)
Sarà l’autunno.
Sarà l’autunno?