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Azzurra e lucente

Ancora a futura memoria, dal laboratorio in uno di quei rari, preziosi momenti (che siano con la luce o col buio) in cui mi trovo sola a sentire il ticchettio della macchina, che per ora mi illude di fare tutto il lavoro da sola.

A sorridere perché, anche se qui nessuno ancora sembra essersene accorto, la primavera sta arrivando. E questo vuol dire tante cose e per me, più di tutto, vuol dire che sto ancora bene, che sto qui, che ci provo, e che anche noi siamo ancora qui. E l’ha detto, in uno dei nostri discorsi brilli (ché questi uomini sensibili con la corazza costruita, ci sono pochi modi per smascherarli: a me ne vengono in mente due, e uno è questo): la verità è che noi due vogliamo stare insieme.

E siccome aveva ragione, io sorrido da qualche giorno, e faccio uscire il sole.

E se davvero tu vuoi vivere una vita luminosa e più fragrante
cancella col coraggio quella supplica dagli occhi
troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante
e quasi sempre dietro la collina è il sole
Ma perché tu non ti vuoi azzurra e lucente
ma perché tu non vuoi spaziare con me
volando contro la tradizione

[e mi sa che io mi voglio,
azzurra e lucente]

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Home is where you hang your heart

Un po’ randagia in questo periodo (sulle vestigia dei miei anni realmente vagabondi del liceo), torno nel nord nebbioso per un evento di famiglia.

Parlo al telefono con diverse persone. Continuo a tessere il groviglio dei rapporti che mi caratterizza, e caratterizza la mia storia, forse da quando sono adulta, forse da sempre. Riflettiamo insieme, anche se probabilmente il mio interesse per l’umanità mi trasforma in un catalizzatore. Elaboriamo su di noi, su di loro, sulle relazioni e i rapporti di potere, sul dare e avere, sui bilanci. Come in una cavità di specchi, la nostra analisi si arricchisce ad ogni passaggio. La solidità ha presupposti collettivi: non si può ribilanciare un conflitto tra due parti senza un riferimento, fuori.

Mi sento forte, a prescindere da tutto.

E la mia forza è la rete di persone che ho intorno.
Loro sono la mia famiglia, e la mia casa.

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Un rossetto nuovo

Ho un rossetto nuovo.

‘E’ il tuo primo rossetto?’
‘Sì, sa com’è, sto diventando una donna con dieci anni di ritardo’
ho risposto.

Non so se ci credo, che siano proprio dieci, gli anni. Però sicuro il ritardo c’è. Metabolizzala tu, una madre che per affermare la sua estraneità alla mercificazione del corpo rifiuta praticamente ogni ammennicolo (non parliamo di make-up, per carità). Fonte di estrema serenità per la mia adolescenza, bisogna dire, il confronto con lei. Però pare che non si riesca ad esser sereni, senza qualcosa da metabolizzare.

Ho scoperto i tutorial sul trucco. E ho scoperto che non fanno per me. Quello che so su come ci si trucca me l’ha spiegato tutto S., coinquilina del cuore, in un bignami a misura di Cla. Pecione e ultrasemplificato.

Guardo la copertina dell’ultimo album di Pink (in rete eh – di comprarlo nun m’aregge ancora, per fortuna) e mi accorgo, consciamente o no, che è diventata il mio sex symbol personalizzato. Originale, eh? Ho pure convinto tutti che mi somiglia, e pochi negano (certo, un personal trainer mi farebbe comodo, ma sennò a che servirebbero i sex symbol).

La seconda volta che sono uscita con M. (forse era la terza, ma visto che abbiamo avuto -e abbiamo tuttora- i tempi più sballati del millennio, potrei confondermi) gli ho detto ‘mi piace l’immagine di me che mi ritorna, quando sto con te’. E avevo già colto una delle cose migliori. Forse non mi ero sentita una donna, prima. Forse è solo un modo nuovo per concepire il mio, personale, femminile.

Mi sono perfino comprata un rossetto.

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Alla fine è questo

Un finesettimana nella media,
amando e odiando le persone intorno a me in proporzione degna

(i metallari che ti guardano storto per gli Aqua
hanno il mio biasimo
e non serve specificare oltre)

festeggiando una laurea e sperimentando oltre la misura usuale il mio amore per il mondo (e per V., coinquilina dell’anima prima che del corridoio delle femmine di casa).

Menage a trois immaginati,
gelosie altrui esplicitate,

la mia camera come porto sicuro per chiudere fuori il mondo.
(Un po’ di sabbia sul mio cuscino, un vagabondo mi ha portato un bacio).

C. ‘Sai parlavamo e mi ha detto che gli piace passare le notti con me, perchè si rilassa, si riposa e non fa le sei di mattina in giro’
V. ‘Eh… si’
C. ‘Perchè poi io devo studiare e fare mille cose, eccetera’
V. ‘…’
C. ‘Gli ho risposto che quindi nella sua vita ho un ruolo a metà tra madre teresa, Stakhanov e una pazza ninfomane’
V. ‘Cla… ma alla fine è questo’
C. ‘Cosa?’
V. ‘Alla fine è questo l’amore. Essere un incrocio tra madre teresa e una pazza ninfomane’.

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