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Missing you

Quando sento una canzone nuova e non so se vale o no
Quando mi succede una cosa bella e inaspettata
Quando ho paura di non essere abbastanza
Quando mi accorgo che non mi ricordavo quanto le persone sono sceme (soprattutto i maschi)
Quando penso a Roma
Quando prenoto un aereo
Quando Spotify passa il rap
Quando sento profumo d’erba
Quando ho voglia di fare l’amore
Quando vedo i post di Zoro su Instagram
Quando sento rumore di rotelle sull’asfalto
Quando mi vorrei comprare una giacca col cappuccio
Quando faccio colazione al bar

Quando sono triste e divento un po’ più triste. E anche quando sono felice e mi ricordo dei sorrisi.

Sono arrivati i trenta, è arrivata la primavera (oggi, sembra, anche qui).

E sto
a domandarmi se i buchi poi si riempiono

se non fosse che ci sono già passata

mi sa

mi preoccuperei
ad accorgermi che (incostantemente, ma continuamente)
mi manchi.

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Il silenzio intorno

Il mare è il mio posto preferito

E mi riempio gli occhi di queste acque blu e verdi, e questo sole e questa sabbia chiara, e gli scogli levigati dal vento

Di quest’isola che fa innamorare 

Mi rimane il silenzio intorno
Il rumore delle onde leggere 
Le chiacchiere di sottofondo

Mi rimane un buco nero nello stomaco
Un po’ di nebbia nel cuore

La confusione di tanta gioia cancellata dal calendario
(Io qui a piangere, tu a Roma a vomitare, in una perfetta sintesi del trash)

Non è chiaro a che serva tutto questo
Non capisco se è solo uno sbuffo di vento o se sarà scritto così 
Che io sto senza di te e soprattutto tu stai senza di me
In una privazione preventiva che non comprendo ma mi sforzo di accettare

Mi rimane il silenzio intorno

Lo cerco, e mi riempio gli occhi di blu
Pensando a te, cercando di no
Cancellando domani dal calendario

Il silenzio intorno 
Finché si può 

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Switzer la la land

This is it. 

Ho preso quel volo e caricato tanti bagagli. Le lacrime in aereoporto e il “che cosa ci faccio qui?” di sottofondo per tutto il giorno uno. 

La nostalgia canaglia, quella ancora non è arrivata.

Ma lo so che mi mancherà tutto 

Le tue braccia
La mia scrivania
I pomodori
Il lavoro
Te

E cerco di immaginare i modi possibili, che forse li troviamo

Sometimes you need a challenge

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The Brooklyn way

Ventun gradi 
Ventun grammi (non era quello, il peso dell’anima?) 

Il sole fuori e anche un po’ dentro

Fiori rosa, un anno di più. E nello stesso giorno un bel corteo, così forte e identificativo. Una telefonata buffa, una cena carina. Un brindisi, un regalo (su tutti). 

La paura del futuro soffiata via piano, lievemente, sospinta un poco più in là. 
Andate e ritorni in giornata, proprio io che odio i viaggi. Impressioni negative e feedback che le smentiscono. 

Forse ce la faccio
Forse sì, eh

Forse ce la facciamo 

Se non altro, ci proviamo
Spread love, it’s the Brooklyn way.



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Coraggio (e occhi bendati)

La verità è che certe decisioni non si possono prendere senza strappi. Soprattutto se perturbano una quotidianità che mi somiglia tanto, forse più che mai. Saranno i trenta dietro l’angolo o i traguardi che stanno sopraggiungendo senza che li abbia metabolizzati completamente. 

Sarà che questo nostro è un grande amore. Non di quelli nascosti o idealizzati, un amore di sveglie la mattina quando hai sonno, disordine, lavatrici rotte, stanchezza e qualche ansia di sottofondo. Ma anche di successi condivisi e piani da non pronunciare mai (neanche sotto tortura): uno vero, in effetti. Un amore che mi protegge e mi riscalda, comunque. 

Quella dei treni che passano una volta sola è senza dubbio una visione retorica della vita, ma ogni tanto capitano delle opportunità da cogliere. E dunque si parte. Anche se per poco (quanto è poco?), si cerca una nuova casa, si parla una lingua che avevo quasi dimenticato, si guardano nuove cartine, ci si preoccupa oltre la soglia di guardia (io sono fatta così). 

Non andrà tutto bene, ma alla fine andrà bene. 

Finalmente, ho fiducia. 

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Foggy

Partiti da lontano
E di colpo arrivare
Ad essere contenti
Ma il colpo era forte
E le note non erano giuste
E senza vincere niente
Senza partecipare
Rincorriamo le notti
E torniamo a dormire
E le mani più grandi
Dei tuoi sogni dispersi
Dentro cassetti vuoti milioni di versi

Un anno pieno è agli sgoccioli, ma cose importanti devono ancora succedere o stanno succedendo ora, a qualche centinaio di chilometri da qui. 
Un’altra volta su un treno, attraverso la mia pianura, e ho le lacrime agli occhi, mi bruciano. (Cambio di soggetto, oggettivo).

Doveva essere un Natale di letargo e invece no, ancora a spaventarsi (non troppo, si dirà), ancora nei giallini corridoi d’ospedale del nordest. Ancora ad esser roccia ed avere bisogno di scivolare via. Felice del ruolo ma stanca, stanchissima. Dicevo “qui si lamentano tutti di questo anno di merda e io invece mi sento grata”, ed è ancor più vero ora. 

E ho passato la vigilia a piangere senza riuscire a fermarmi, di fronte a uno di quei film di Natale degli amori incompresi e le occasioni perdute. Forse era sollievo, che sennò altro che piangere, mi sarei incazzata da morire. 

E parte il treno dalla mia stazione, e in un attimo siamo nella campagna nebbiosa, con quel sole pallido, e i filari d’alberi, e mi si annebbia la vista e piango un po’. Sollievo ancora, e paura di perdere, che cerchiamo di convertire in prospettive e modi più costruttivi per me, per noi, per tutti. Perché è così che si va avanti. 

Ci ricorderemo i regali di Natale con niente in cambio, le vicinanze inattese, chi supera gli ostacoli e pure chi cementa le barriere. Ma noi costruiamo le tribù. La mia è altrove da questo orizzonte piatto, altrove dai luoghi dove sono cresciuta, e forse per questo mi lascia respirare. 

Ed è confortante, a volte, che la storia si ripeta. 

Buon anno. 

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E tutta la vita gira infinita senza un perché 

Mainstream
E sottotono 
Ripetitiva e
Anche un po’ spaventata
Di questo passo che mi accingo a fare

Come se dopo mi attendessero meno scuse del previsto 
Come se stesse per cambiare tutto

Devo sforzarmi di ricordare che ogni passaggio è una scelta
E allo stesso tempo, accade e basta
Che ogni persona ha un percorso a sé 

Che la vita non è meritocratica 
L’amore non è meritocratico

Che cadono le case e le chiese e forse bisogna solo accettare, anche se non si capisce

Possiamo ricordarci di ringraziare perché siamo fortunati 

E scegliere di essere incoscienti, forse

A un’estate leggera che qui ancora, ancora non c’è 

Sta finendo, e già i nuovi inizi arrivano
Mi sento fortunata

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Learn to fly

A te che dici che l’entusiasmo ti fa schifo
Un po’ lo so lo immagino

Che la vita le cose il caso ti hanno rovinato le felicità possibili

Ti ci vedo a fare finta di niente 
Ad essere quello che con la fiducia e un amore strano e storto (come tutto)
Teneva in piedi la baracca 
Ti ci vedo a veder franare tutto e a dire che la vita è così
E non poter piangere perché sei razionale
E oltretutto, un maschio

A me che penso con gioia alle mie giornate 
E sto riempiendo il cassetto di sorrisi per quando girerà peggio

E’ capitato anche a me di avere qualche felicità in cocci

Ma ci ricostruiamo
Anche se non mi è chiaro come
Funziona 

Forse la risposta è che il limite è sempre
Molto più lontano di quel che si crede

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Beginners

Dei filtri, 
Dei non detti,

Del presente informe del futuro incerto
Del caldo che ci scioglie e addensa i pensieri
Come melassa 

Di me che imparo tutto velocemente
Tranne come si smette di essere spaventati
E se c’è un modo non ho capito

Mettiamo (pochi) punti 
E proseguiamo
Chissà se da questa strada si arriva al mare?

What do you want was never answered then some things were handed out
We got weird and fake instructions but somehow we planned around

Oh, then we got all nervous, baby, I don’t have the heart like you
And so we listened now if nature were just loud enough and ran
And I know I shouldn’t be here but I want to be your man
Suddenly I’m lost but I just want to be a part of true

So suddenly we are gone
Looking out for some wave
You and I, we belong on these wild and wonderful trails

You’re just a singer wanting silence, I just have illegal thoughts
I will kill you if I take you but now this is not enough
Oh there will be a moment when I ask you to believe in love

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Try to walk away and I stumble

La scena (o sinonimi della -) 

Ovvero, quella necessità di appartenere. 

Il bisogno di essere accettati, la ricerca dell’identità, che sembra sempre (e forse è) costruita grazie ai riflessi. Lo specchio, l’altro, gli altri. 

Così è per me e per chi spara a Monaco, così era da giovani e credevo avrebbe smesso di essere, ad un certo punto, e invece mi sembra di no, mi sembra solo che più cresci e più sei bravo a nasconderti. 

Ma tutto sommato non mi dispiace questo gioco di regole: bastava capirle, e quanta fatica, e mi domando che pensano gli psicologi, come si sentono, se è facile con tutti uguale, oppure no (e sarà no, inevitabilmente). 

E conosco il piccolo G. che ho visto in foto dal suo primo minuto, e calpesto il mio spazio senza imporre il mio ruolo, complice la mia bella amica bionda che accorre in mio soccorso quando serve. 

E ho un po’ di fiducia che ancora una volta (per fortuna) è ben riposta. 

Vinco un concorso e mi sveglio con un abbraccio. Sia benedetto il condizionatore, e anche la vita, che sembra ci si metta di punta ad insegnarti tante più cose quante più pensavi di averne capite.

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