Ho tolto dalle posizioni del Finder le cartelle che si chiamavano ‘tesi-qualcosa’.
Sì, c’è voluto un po’ di tempo. Come a riordinare la mia stanza dal caos semestrale che l’aveva invasa (non ho finito, peraltro).
C’è chi è nella mia vita da poco ma è riuscito a farmi incazzare come non accadeva da tanto tempo. E questo chi non si è ancora accorto che farmi incazzare con una certa durevolezza, a me, a cui dopo cinque minuti la luna storta passa, volente o nolente, non è cosa intelligente né lungimirante. Almeno avrò una valvola di sfogo.
Il mio mese di vacanza è stato un susseguirsi di malsanie e di sentirsi fuori luogo, visite a case in vendita e cercare di stare al passo – concedendosi deliberatamente (questa sì che è una novità) di non riuscirci.
E’ un momento di passaggio strano, la fuga dei cervelli (o dei cuori, in qualche caso) mi sta portando via le colonne portanti della vita, e io, che non son brava con le distanze né con la caparbietà, se riguarda le persone, ho molta paura di perdere pezzi senza saperli riconoscere né tantomeno (e forse questo è bene) rimpiazzare.
E così mi succede di parlare con le persone e di sentirmi su un altro emisfero rispetto a loro, sempre, ma gli emisferi dovrebbero esser solo due e mi sembra statisticamente improbabile che tutti gli altri si trovino (tutti insieme!) dall’altra parte. Quindi sostenuta dalla logica matematica inappellabile del discorso sono arrivata alla filosofica idea di un mondo fatto di infiniti emisferi.
E non vorrei star qui a teorizzare queste cialtronerie, io, vorrei una rete di persone che ti aggancia e non ti lascia scivolare via, io, e in parte ce l’ho pure, è che certe volte gli eventi ti sorprendono e non sei pronta e se anche le cose belle ci sono, tu le vedi poco.
E ti rifugi nell’unico luogo sicuro che è rimasto a parte il salotto di casa nel nordest, e l’unico luogo sicuro è paradossalmente quello che è stato causa del maggior male, in questo duemilatredici.
‘finirà pure, questo cazzo di duemilatredici’
‘eh’
E ti trovi in un abbraccio che sa di un emisfero simile, se non lo stesso, ma non può esser questa la sola ragione per continuare a stare in questo limbo, tenendoti un alibi in tasca per quando non riesci a buttarti, quando stai ai margini, e guardi da lontano senza fare nulla (come se servisse, un alibi).
‘a me non mi sembra proprio di avere venticinque anni’
‘perché?’
‘ho vissuto troppo poco, non posso avere già venticinque anni’
Non può essere un bacio a salvarci, magari una scelta, il coraggio di una decisione, magari quello sì, ma se le cose stanno così, se questo porto sicuro (e non sono solo io, a percepirlo come tale) non vale abbastanza, è ora di mettersi il cappotto nuovo. E andare fuori.