Fermi tutti, in un tram che non può passare perché c’è una macchina parcheggiata sui binari, in cento ad aspettare un distratto o disattento o merdoso guidatore, metafora del Paese, forse del Mondo di oggi (e poi mi chiedono perché non mi piace Renzi, me lo chiedono, sul serio). Metafora della deriva, direbbero voci vicine (sempre più, vicine).
Bambini ridono a squarciagola, nel tram di prima, erano dov’ero anch’io, lo vedo dai timbri sui polsi, parte della folla alcolica, quasi-nota e periferica, che festeggia come da tradizione (questa folla che ha bisogno di riconoscersi, direbbero – a ragione – voci vicine, identificandolo senza appello come una necessità adolescenziale).
Faccio telefonate sperando nell’assenza di risposte che, in effetti, si palesa. Cerco il simbolo, cerco l’astrazione.
Perché le feste comandate, quelle vere, sono occasione di bilanci, giri di boa indotti, un po’ allegri un po’ forzati, un modo per fare i conti con le strade percorse e quelle aperte davanti.
Così ci manchiamo nella folla quando lo scorso anno ci incontrammo mentre speravo di no, così sentivo nominare presunti amori senza saperli frenare, così oggi mi misuro con saggezze condivise e con qualche blocco psicologico, oltre che con un’influenza incombente. Ma i blocchi non fanno paura, i maschi poi sono buffi quando stanno sulla difensiva, specie quando non vorrebbero.
Così, mentre cammino verso casa, sola e con un grado sufficiente di lucidità, mi domando, dove sei? E mi rispondo, sono qui. In una città che ormai mi appartiene, di cui ho interiorizzato le dinamiche più di ogni altro luogo al mondo. Sono qui, in una casa che sembra l’appartamento spagnolo, da cui mio fratello e mia sorella hanno preso il volo negli ultimi nove mesi. Sono qui, a condividere slanci emotivi con un uomo che non li riconosce tali, ma che è un negativo di me, e silenziosamente combacia così bene, e dice mi fai sentire libero senza appartenere e senza farmi appartenere, lasciandomi in bocca il sapore di un traguardo, seppur a tempo determinato. Sono qui, a fare progetti materiali a lungo termine nonostante la mia vita non preveda altro che il futuro prossimo. A farli qui, quei progetti a lungo termine. A pensare che mi piacciono, quei progetti materiali, e che sono fortunata. Sono qui e chi l’avrebbe detto, questo giro di boa mi rende (di nuovo) felice.
[Sweet home prenestina
Where skies are so blue].,